Incenso

Ancora un altro appuntamento, di sicuro tra i più difficili, porta con se una forte dose di sofferenza.

Già all’alba del sette settembre, Mauro era ancora «dentro» per la cremazione, ed io, fuori, ero lì a pensare a questo momento.

Uno scontro feroce che non lascia spazio alle mediazioni. O dentro o fuori.

Il 10 aprile dell’anno scorso ricevetti, da persone speciali, uno dei più bei regali che abbia mai avuto, tanto più bello e gradito, quanto inatteso.

Alle quattro del mattino Mauro era lì accanto a me, con una navetta tra le mani, e, con un cucchiaino d’argento, versava nel «turibulum» che io portavo, una manciata di incenso.

Il profumo che si sprigionava mi riempiva di gioia, mi inebriava. Proprio lui, accanto a me. I fiori, la crocetta e ora la navetta. La storia della mia vita che si ripete.

Attraverso i fori del cappuccio scorgevo i suoi occhi affaticati ma felici, fieri del ruolo che gli era stato affidato.

Aveva detto di non voler partecipare, si sentiva stanco, io l’avevo forzato. Quando seppe che sarebbe stato vicino a me, a portare la navetta, il suo viso s’illuminò. L’immane fatica che faceva a portare dentro di se il tumore che lo stava divorando sembrò sparire di colpo.

La mia felicità fu, in quel momento, incontenibile.

Per l’intera durata della processione, non volli pensare ad altro, non volli pensare a quello che mi attendeva, che attendeva la nostra famiglia, che attendeva Mauro. Per quelle poche ore non pensai ad altro che a beneficiare del piacere di avere Mauro accanto a me.

Dopo di quello … l’inferno.

Dopo pochi giorni si dissolse il mio mondo e svanì l’illusione di una vita normale, di una vita felice, di una vita.

E’ passato un anno. Tante cose sono cambiate, tante cose cambieranno.

In questo anno trascorso da allora mille e mille volte ho ripensato a quella notte. Mille e mille volte ho ripercorso con la mente quel tragitto, mille e mille volte ho desiderato di avere, ancora una volta, Mauro accanto a me per chiedergli ancora un cucchiaino di incenso.

Ma questo non è possibile. Tante cose non sono possibili.

“The show must go on”, mi ha detto superficialmente qualche giorno fa una persona volendo tagliare a corto una conversazione sulla scomparsa di Mauro.

Io però non ho nessuno «show» da mandare avanti. Il sipario si è già chiuso e gli spettatori sono già fuori dal teatro.

Credo che negli ultimi anni ho già pagato il prezzo del biglietto per assistere a questo meraviglioso spettacolo che è la vita. E credo anche che il prezzo che ho pagato, anzi che abbiamo pagato, è anche tra i più cari che si possano immaginare.

Non mi si può chiedere di pagare e pagare ancora.

Da quell’alba fredda su quel cucuzzolo di montagna, quando lui era «dentro» e io lì fuori ad aspettare come uno stronzo, è iniziato il travaglio che mi ha condotto fin qui.

Non chiedetevi e non chiedetemi dove sarò quella notte. Sò soltanto che sarò ancora alla ricerca di un altro cucchiaino d’incenso che non arriverà mai.

domenica, 28 marzo 2010

Statura

Credo che sia tutta questione di statura. Nel proprio codice genetico ognuno, già dalla nascita, porta le informazioni relative alle caratteristiche fisiche e morfologiche che avrà nell’età adulta.

Anche per me, ovviamente, vale questa regola.

La mia statura, ma sarebbe più adatto dire in questo caso la mia corporatura, mi consente di sollevare e sostenere un determinato carico. Posso sforzarmi in qualche occasione, ma il limite è fissato e oltre quello proprio non posso farcela ne a sollevare né a sostenere carichi inadatti alla mia corporatura.

La stessa cosa vale per i carichi, vogliamo dire psichici?

Credo che negli ultimi anni, negli ultimi mesi, fino al 5 settembre, ho sollevato e sostenuto un peso davvero, ma davvero, grosso. Tanto pesante io stesso non pensavo di poterlo sopportare.

Poi è successo.

Dopo il 5 settembre il peso da sopportare si è accresciuto a dismisura.

E’ lampante che la mia «corporatura» non è adatta a sostenerlo. Nel mio corredo genetico non era previsto questo tipo di sforzo. Semplice, inutile stare lì a scervellarsi, a pontificare, a arrovelarsi.

Semplice.

Mi sono prestato perché non potevo fare altrimenti, mi sono sforzato di sostenere questo peso e non mi sono sottratto ad esso. Ma adesso non è più sostenibile.

mercoledì, 17 marzo 2010

La malattia

Mauro è malato, io sono malato, la famiglia è malata.

La malattia è come un rullo compressore, schiaccia e sgretola, distrugge tutto.

La malattia corrode e corrompe, divora e uccide.

La malattia è scorretta e ingiusta, la malattia non rispetta le regole,

la malattia vince sempre.

La malattia ha vinto ancora.

Io sono malato, la famiglia è malata.

venerdì, 12 marzo 2010

Astinenza

In alcuni momenti mi viene voglia di gridare con quanto fiato ho in gola “Basta!! Basta! Per favore basta.”

Ma nessuno potrebbe ascoltarmi, nessuno potrebbe far nulla.

Sto in crisi di astinenza. Me ne sono reso conto.

Mi manca.

Ora riesco a capire i poveri tossicodipendenti.

Si spacca il cervello, in due.

Conati di vomito.

La rabbia che vorrebbe prendere il sopravvento e spaccare la porta della doccia.

Rompere tutto.

Preme dall’interno, è nel petto, ma non c’entra il cuore. Penso di più ai polmoni perché il respiro è affannoso, irregolare, animalesco.

Potrei provarci a spaccare tutto quello che ho intorno, ma sono certo che non servirebbe anzi, forse sarebbe ancora peggio.

Se cedessi alla rabbia sarebbe la fine. Non può prendere il sopravvento, non ora almeno.

Mi sto allenando a soffocare l’astinenza, ma è tutto falso.

Ogni giorno aggiungo cose alla lista delle cose che odio.

Come se non bastasse adesso arriva pure Pasqua e le processioni.

Devo solo correre, correre, correre.

mercoledì, 10 marzo 2010

No comment

Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo! Perchè dovrei stancarmi?

venerdì, 05 marzo 2010

Speranza

La stanchezza si fa sentire. Oramai la mia vita è dedicata a lui. Mi chiedo se le mie risorse siano illimitate, oppure se prima o poi finiranno.

Nelle ultime due settimane ho visto intensificarsi i miei sentimenti di rabbia, di dolore. Queste manifestazioni interiori consumano energia, tanta energia.

Un anno fa, in questo giorno, lui disegnava, sorrideva, scherzava, studiava, raccontava barzellette e intanto quel cazzo di tumore di merda cresceva a sue spese e ne occupava tutti gli spazi liberi e invadeva gli organi vitali.

Nonostante lo sapessi oggi posso affermare che, tutto sommato, ero felice. Felice di poterlo abbracciare, felice di potergli parlare, felice di poterlo accudire, felice di poterlo nutrire. Avevo allora un patrimonio enorme, ancora intatto: la speranza!

Io stesso mi nutrivo di speranza.

Cos’è in fondo la speranza se non l’energia necessaria per raggiungere un obiettivo.

Avevo dinanzi a me un futuro incerto, la possibiità della sua morte, la fine della mia esistenza. Eppure la speranza mi faceva lavorare (per Mauro) come un dannato, senza sosta, senza un’ombra di stanchezza. Mi faceva essere sereno (almeno all’apparenza), mi permetteva di scherzare, di cucinare, di lavorare (per la mia professione), di passeggiare.

Nonostante tutto vivevo quei giorni con una intensità eccezionale. In breve, mi sentivo vivo nel senso letterale del termine.

Cosa rimane oggi, dopo 365 giorni, di quella vita?

Qualcosa meno di un pugno di mosche, anzi qualcosa di incosistente come una nuvola.

Sento la nuvola tra le mani. Anzi mi ritrovo appeso ad una nuvola. Nella nuvola vedo Mauro, vedo me stesso che sto vicino al lui sul divano a fiori a guardare la televisione che trasmette un programma di cucina, vedo la pompa che lo nutre attraverso il catatere e che non lo lascerà più fino alla morte, vedo la tovaglia rosa sul tavolo di legno quadrato messo nell’angolo. Vedo tanta angoscia ma tanta determinazione a fare di tutto pur di salvarlo. Vedo una scacchiera di plastica poggiata sui cuscini del divano tra me e lui. Vedo Mauro che si impegna tanto per battermi e vedo quello stronzo di merda di fronte a lui che pensa sia sbagliato farlo vincere di proposito (Che stronzo che sono stato. Vorrei che servisse a qualcosa punirmi per non averlo fatto vincere!). Vedo la lampada a piantana che, da dietro la porta, illumina la stanza con la sua luce diffusa. Vedo, sotto la televisione, fare capolino la lucina della PlayStation 3. Quanto gli era piaciuta, quanto gli piaceva giocarci. Per me era il simbolo della sua malattia. Entrambe le consolle erano arrivate in occasione della malattia. Lui le adorava e ne andava particolarmente fiero. Vedo, di fronte al divano, una vetrinetta piena zeppa di farmaci, di siringhe, si attrezzi infermieristici. C’è anche il cioccolato, quello arricchito di flavonoidi, che doveva dargli qualche possibilità in più. Speranza andata in fumo. Vedo nella vetrinetta, in alto, gli omeopatici. Altra speranza poi andata in fumo. Goccine e perline dai nomi improbabili che dovevano dare nuova energia al suo corpo assediato dal male. Altra speranza andata in fumo. Vedo sul tavolo il contenitore dal coperchio giallo dentro il quale vive lo “YOGURT”. Lo yougurt che doveva salvarlo dal tumore con le sue proprietà sconosciute doveva ricercare e sconfiggere le cellule impazzite. Ci stavo quasi credendo. Altra speranza andata in fumo. Vedo la poltrona blu che doveva servire a Mauro ma che invece serviva a me perchè lui ci stava scomodo. Vedo il frigorifero professionale con tanto di termografo e termostato digitale che contiene le sacche con l’alimentazione parentelare e le vitamine.

Mentre vedo attraverso la nuvola tutte queste cose sento che la mia presa sta cedendo. Sono aggrappato alla nuvola e sto scivolando, sotto di me l’abisso. Faccio fatica a tenermi sospeso nel vuoto, aggrappato stupidamente ad una inconsistente nuvola. Ma non posso smettere di guardare in quella stanza nella quale ho lasciato la mia speranza.

lunedì, 01 marzo 2010